Siamo nel 2018 ma sembra che le cosiddette società occidentali invece che «fare grandi passi in avanti per l’umanità», stiano facendo enormi passi indietro. Con l’avvento di internet e la possibilità per tutti di entrare a far parte di quel mondo virtuale globalizzato, vecchie ideologie naziste, fasciste e razziste, sembrano essere riaffiorate, lasciando da parte quel concetto di uguaglianza tanto voluto dalla Rivoluzione Francese. Da cosa è dato il fenomeno? Forse è sempre stato lì, ma in qualche modo c’era vergogna di renderlo pubblico? Forse sta riaffiorando a causa di una legittimazione data dall’anonimato?

Fino a quando nel 1960 i genetisti Khorana e Nirember scoprirono il DNA, molti studiosi si erano considerati in obbligo di dividere la specie umana in razze biologiche. Il primo fu Linneo un naturalista svedese che, nel 1758, decise di classificare sei razze umane (europea, asiatica, africana, americana, mostruosa e selvaggia, dove per mostruosa intendeva i disabili fisici e mentali e per selvaggia le varie tribù africane, asiatiche o sud americane) fino ad arrivare al famoso libro La superiorità della razza bianca di De Gobineau, che ispirò la follia di Hitler.

Nel 2000 la sequenza del DNA umano è stata completata e, proprio per questo motivo, è stato provato scientificamente che le razze umane non esistono. Se ci sono delle differenze non sono sicuramente biologiche, quanto sociali e culturali. Ma allora perché ancora si sente parlare di “superiorità della razza bianca”? Perché ancora si divide il bianco dal nero? Perché abbiamo un rifiuto totale dell’altro? Cosa vuol dire “noi siamo diversi”?

Probabilmente le risposte a queste domande necessitano di studi approfonditi e teorie ben definite, ma se proviamo invece a riflettere e ad agire secondo la nostra esperienza?

Spesso mi è capitato di parlare ed essere testimone di frasi come: «tu non sei come gli altri, sei diverso», questo è dato sicuramente perché in quel luogo, in quell’occasione e in quella circostanza una certa persona ha avuto modo di conoscere e avere familiarità con l’“altro”, il diverso, lo sconosciuto. In quella circostanza chi “ha paura” si rende conto di essere protetto in quanto “ha conoscenza dell’ignoto”.

Un altro esempio può essere dato dagli stranieri sposati con gli italiani che, quasi automaticamente, escono da quell’isolamento sociale a cui sono stati relegati in quanto “tu sei uno di noi perché hai sposato un’italiana/o, [anche se diverso]”.

Tutti questi processi riguardano non solo immigrati, rifugiati, richiedenti asilo o clandestini, ma anche coppie omosessuali sposate e/o che hanno adottato bambini, tutto ciò che “esce fuori da quegli schemi culturali ben precisi”.

È dunque chiaro che alla base di tutto questo odio online che ricordiamo è favorito da un certo anonimato, c’è il fattore della “non conoscenza” dell’altro.

La paura è un’emozione primaria e universale e quindi innata, ma le cause che la scatenano possono essere diverse, legate a un trauma specifico, a livello sessuale o da un contagio genitoriale.

È quindi necessario che i nostri figli vengano educati alla diversità, vengano educati in modo tale da non aver paura di ciò che invece potrebbe arricchirli culturalmente.

In conclusione, anche la formazione per la realizzazione del Blog Niù è stata molto importante. Il fatto di avere a disposizione scrittori, studiosi e ricercatori di diverse culture rende questo blog ancora più interessante. Ognuno di noi con la sua esperienza, con la sua preparazione, può contribuire a creare un luogo, anche se virtuale, dove la mancanza di queste conoscenze può iniziare a essere colmata, cercando di promuovere un’apertura mentale nei confronti di chi [pre]giudichiamo diverso.