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Dall’inferno della Libia ai barconi verso l’Italia: volete davvero sapere di questo viaggio?

Sono Mamadou, vengo dal Gambia e ho 24 anni. Il mio viaggio è iniziato a maggio. 10 maggio 2013. Ho lasciato il mio Paese alla volta di Senegal, Mali, Burkina…

Sono Mamadou, vengo dal Gambia e ho 24 anni. Il mio viaggio è iniziato a maggio.

10 maggio 2013. Ho lasciato il mio Paese alla volta di Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Algeria, Libia e Italia.

Ogni paese che ho attraversato ha costituito una differente esperienza di vita ma il luogo peggiore dove sono stato è in Libia.

15 agosto 2013, Agadez, (Niger). Lascio il Niger. Eravamo 24 persone caricate in un pick-up (Toyota) dove stavamo strettissimi. Ai trafficanti non importa se cadi dalla macchina, non si fermerebbero mai, si comportano come se nulla fosse accaduto. Abbiamo passato 8 giorni nel deserto, senza acqua né cibo, con il sole che picchiava fortissimo.

Dopo 5 giorni nel deserto, ricordo che il trafficante ci disse che andava a cercare l’acqua. Dopo molte ore, non era ancora tornato. Abbiamo aspettato tanto tempo. Ad un certo punto, alcuni di noi hanno iniziato a perdere le speranze. Alcuni dicevano che non sarebbe mai tornato, altri che dovevamo andare noi da lui. Dopo aver realizzato che non sarebbe mai tornato indietro, abbiamo iniziato a camminare in piccoli gruppi, senza una direzione. Dopo pochi passi, abbiamo iniziato a vedere corpi morti nel deserto.

In quel momento ho realizzato che dove ci aveva lasciato il trafficante era un punto di abbandono, di non ritorno.

In una situazione del genere, anche se vuoi aiutare qualcuno non puoi. Devi pensare solo a te stesso. Eravamo partiti con un gruppo di 8 persone… ed eravamo rimasti in 4.  Dopo giorni di cammino in mezzo al nulla, non si sentiva più nessuno proferire parola, nessuno faceva più domande. Il sole picchiava e continuavamo a vagare senza direzione.

Fortunatamente, durante il tragitto abbiamo incontrato qualcuno. Erano soldati libici che controllavano la zona. Siamo stati salvati e portati in un piccolo centro urbano, lontano da Tripoli, la capitale.

Dopo un mese nella cittadina dove eravamo costretti a lavorare, io e un amico siamo riusciti a raggiungere Tripoli, dove sono rimasto per circa un anno e sette mesi. Durante la mia permanenza, andavo a ‘Chat palace’ un posto che può essere paragonato ad una “sala di attesa” dove si spera di essere assegnati a lavori di fortuna. Pulizie, piccoli lavoretti da elettricisti etc.. molte volte non venivamo neanche retribuiti. Dopo questa esperienza, io ed altre 120 persone abbiamo provato a raggiungere le coste libiche per scappare e venire in Italia. La Libia non era più sicura ed io non potevo tornare indietro. Iniziava la seconda guerra civile libica.

Prima di arrivare alla costa però, siamo stati presi dalla polizia libica e portati in carcere, luogo nel quale sono rimasto per circa tre mesi.

Un giorno ci hanno prelevato dal carcere per rimpatriarci a Sabha, città a sud del paese (la città del ‘rimpatrio’). A Sabha puoi incontrare gli asma boys, ragazzini armati che si divertono a sparare. È uno dei posti più pericolosi della Libia. La polizia libica scortava i tre autobus dove eravamo stati stipati.

Appena la polizia ha girato l’angolo e non ha ci ha seguito più, sono riuscito a scappare lanciandomi dal finestrino. Non sapevo dove fossi, in quale direzione andare. Ad un certo punto ho visto un ragazzo africano e gli ho chiesto di farmi fare una chiamata dal suo cellulare. Ho chiamato un amico a Tripoli e lui ed un suo amico libico sono venuti a prendermi. Sono tornato a vivere a Tripoli dove sono rimasto ancora un mese.

Il Paese però era ancora in preda alla guerra civile, la situazione era peggiorata. Non potevo più stare lì. Così sono andato a vivere a Zuwarah, da dove mi sono imbarcato per l’Italia.

 

Mamadou Baldeh

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