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Discovering Lithuania: dal confine con la Bielorussia ad una mattinata all’asilo

Settimana 3 e 4. Ho deciso di accorpare gli articoli della mia terza e quarta settimana di vita qui in Lituania perché il leitmotif di entrambe è lo stesso. No,…

Settimana 3 e 4.

Ho deciso di accorpare gli articoli della mia terza e quarta settimana di vita qui in Lituania perché il leitmotif di entrambe è lo stesso.

No, in realtà non avevo tempo di farne due quindi ho compresso due settimane di vicende in questo unico articolo (che poi non è che abbia sempre così tanto da raccontare, eh!).

Discovering Lithuania: dal confine con la Bielorussia ad una mattinata all’asilo

Il castello che potete vedere nella foto di copertina di questo articolo (ringrazio per lo scatto la mia collega moonlight_bae) è il castello di Trakai, cittadina lituana nota tra i paesi del mar Baltico per questa sua fortezza in riva al lago. Lago che, in questo periodo dell’anno, è completamente ghiacciato. Ghiacciato come gran parte degli altri laghi del Paese: ora so che possa non sembrare così esaltante, ma in Italia i laghi non sono così tanti e non si congelano e per me trovarmi a vivere in un luogo così diverso da quello in cui sono nata e cresciuta è una vera fortuna.

Come dico nel titolo dell’articolo le ultime due settimane le ho dedicate alla scoperta dei paesaggi tipici della Lituania: da una riserva naturale nel Sud del Paese (o meglio da una riserva naturale che era il Sud del Paese) fino a un asilo in cui noi erasmus siamo stati invitati per una festività in cui i bambini scacciano l’inverno, danno il benvenuto alla primavera e mangiano i pancakes (e quassù hanno tutte le sante ragioni per festeggiare la fine dell’inverno) ricevuti dopo una sorta di dolcetto o scherzetto per le case del loro quartiere.

Insomma, in queste due settimane ho avuto sia modo di ammirare i panorami selvaggi della Lituania sia di avvicinarmi un po’ alle loro festività più antiche.

Surviving the climate

Mi sto abituando, che significa che quando mi sveglio non sposto immediatamente gli occhi verso la finestra per vedere se c’è il sole oppure no. Tuttavia ricordo ancora alla perfezione l’ultima, la penultima e approssimativamente la terzultima volta in cui sono riuscita a vedere il sole.

Surviving the language

Nemmeno i lunghissimi nomi pieni di K, di as e di una serie di lettere che non abbiamo nell’alfabeto mi impressionano più ormai, anzi sto addirittura riuscendo a memorizzare le prime parole. Chissà che per la fine del mio Erasmus non riesca ad intavolare un completo “Ciao, come stai?” “Bene, grazie. E tu?” “Anche io bene.”.

Surviving the kitchen

Surviving their kitchen

La cucina lituana continua a non essere niente male, tuttavia dopo tre giorni in cui ho mangiato sempre fuori ho iniziato ad avvertire le differenze tra la loro burrosa e decisa alimentazione e il nostro modo di mangiare, in cui le portate sono più leggere probabilmente per far spazio ad altro cibo.

Menzione speciale alle fette di pane e grasso di maiale che hanno servito dopo i pancakes a noi e ai bambini all’asilo in cui siamo stati: purtroppo non ho avuto modo di accertare che ai bambini lituani venga servito grasso di maiale di frequente, ma il solo fatto che le maestre concepiscano l’idea di servirglielo prima di pranzo mi fa domandare quale sia il tipo di metallo con cui rivestono i loro intestini al momento della nascita.

Surviving my kitchen

Cucinare tutti i giorni sta iniziando a non essere una novità, ma ci sono stati comunque momenti in cui avrei desiderato che qualcuno cucinasse al mio posto, magari qualcuno che mi vedesse cucinare male e dicesse “Lascia perdere, faccio io che so cucinare meglio”. Solo che per gli standard locali, dove i locali sono gli studenti ovunque-meno-che-lituani che vivono nel mio collegio, che non di rado si nutrono di zuppette istantanee, non sono poi una cuoca così pessima.

Ergo nessuno cucinerà mai per me, la tragedia più grande di tutto il mio Erasmus!

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Mamma single e straniera, vi racconto la mia vita complicata ma felice

Una donna soddisfatta vive nel presente ciò che ha sognato una volta Sono Patricia Odia, dalla Repubblica Democratica del Congo. Vivo in Italia da 8 anni, sono una madre single…

Una donna soddisfatta vive nel presente ciò che ha sognato una volta

Sono Patricia Odia, dalla Repubblica Democratica del Congo. Vivo in Italia da 8 anni, sono una madre single di un angelo, come indica il suo nome. Ha 6 anni e fa l’ultimo anno della scuola materna. Sono anche una studentessa al terzo anno di Comunicazione internazionale all’Università per stranieri di Perugia. Sono molto sensibile a tutti gli argomenti relativi agli immigrati e alla loro integrazione in diversi paesi ospitanti. Sono orgogliosa e molto ambiziosa. Molte persone intorno a me mi chiamano femminista, ma io non la penso così, sono solo una ragazza indipendente e contraria agli atteggiamenti maschilisti degli uomini perché credo nelle capacità delle donne. E delle donne africane in particolare.

Patricia è soprattutto una madre, mio figlio è la mia vita e la mia fonte di motivazione

Sono ancora  giovane, avrò solo 27 anni a settembre. Alcune circostanze che ho conosciuto e affrontato mi hanno portato ad una situazione che condividerò con voi.

Quello che vorrei dirvi oggi è che mi sento soddisfatta. Non totalmente felice, ma abbastanza appagata nel prendermi cura di me stessa e di mio figlio. Eppure, ogni giorno è difficile. Ho così tanti fardelli sulle mie spalle che a volte vorrei lasciarmi andare e andar via. Ma posso? No, ho delle responsabilità e le affronto a testa alta.

Durante i primi giorni della gravidanza, non avevo smesso di frequentare l’università dove stavo seguendo i miei corsi di lingua italiana. È stato un momento così difficile. Alle fragilità della gravidanza che mi sentivo addosso, si aggiungevano i problemi familiari: i miei mi hanno lasciata da sola perché li avevo disonorati; le difficoltà finanziarie: era mio padre a prendersi cura di me, ma dopo avere saputo della gravidanza, era insopportabile.

A volte mi sono ritrovata da sola a piangere, non sapendo cosa fare e su chi potevo appoggiarmi per dimenticare tutto questo, non avendo nessun al mio fianco, nemmeno i miei genitori. Grazie a Dio ho trovato una zia comprensiva e molto dolce, che mi ha aperto la porta della sua casa, non mi ha causato grossi problemi, al contrario, ho trovato il conforto in lei, ha saputo sostituire la mia mamma, mi è sempre stata vicina nei momenti difficili. Lei e la sua famiglia mi hanno portato restituito la serenità.

È vero che non sembro una giovane donna di 27 anni, ma non sono così vecchia.  Alla mia età, molti hanno genitori su cui possono contare e provvedere a loro. E magari trovano un modo per lamentarsi e dire che non è abbastanza. Certo, la mia faccia non può essere piena di candore, dopo quello che ho vissuto e la maternità che lascia le tracce. Se dico qualcosa sulla mia esistenza, non è a causa dell’angoscia, è solo perché non c’è nulla da temere, il peggio è dietro di me. Sono molto sincera, presumo, gli eccessi del mio passato non mi spingono verso idee suicide, al contrario, traggo una forza che mi permette di battere e combattere un percorso che mi porterà ad un futuro migliore.

Non dire mai cose brutte a te stesso, ci sono già abbastanza persone che lo fanno.

La mia vita non è infelice. Nonostante le responsabilità, il lavoro, gli studi, le preoccupazioni. Non mi definisco infelice. Ho trovato la mia strada. E forse disseminata di insidie, ma le affronto in una lunga scalata passo dopo passo. Corro verso la felicità e grazie a Dio non sono ancora caduta in un precipizio.

Se ho saputo superare questa prova e mantenere il mio buon umore che voglio condividere con voi, è solo perché non dobbiamo lasciare che nulla ci tolga la gioia di vivere. Ogni giorno è difficile e a volte non so come arrivare alla fine del mese, ma Dio provvede sempre a modo suo. Dobbiamo solo dire “è una situazione temporanea, domani sarà migliore”.

E tutto questo non è possibile senza fare pace con se stessi e gli altri, essere in grado di perdonare se stessi per aver commesso alcuni errori, essere intrappolati qualche volta e soprattutto essere stati ingenui. Il perdono è un potere che libera.  Sono una madre, orgogliosa e soddisfatta. E nessuno potrà mai strapparmi la mia gioia di vivere.

 

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Quando la tradizione non ha colore: dall’Albania ai Ceri di Gubbio

L’Umbria è una terra che presenta in abbondanza tradizioni e ricorrenze ultra-secolari. Tradizioni a cui le persone sono molto legate, a volte quasi gelose, come la Festa dei Ceri di…

L’Umbria è una terra che presenta in abbondanza tradizioni e ricorrenze ultra-secolari. Tradizioni a cui le persone sono molto legate, a volte quasi gelose, come la Festa dei Ceri di Gubbio. Vedere quindi una ragazza di origini e cultura straniera fare parte di una manifestazione storica e simbolica per l’Umbria (tanto da diventarne il simbolo ufficiale della Regione) è sicuramente bello ed istruttivo. Ne parliamo con Kiara, col cuore metà albanese e metà… eugubina!

Kiara, illustraci le tue origini.
“Sono nata a Gubbio da genitori albanesi, e sono di nazionalità albanese”.

Dimmi un pregio e un difetto di Gubbio.
“È una città bellissima e tranquilla dove però, essendo piccola, girano molto in fretta i pettegolezzi e i pregiudizi sulle persone”.

Come vedi Gubbio dal punto di vista dell’accoglienza e dell’inclusione di persone straniere e/o provenienti da altre culture?
“Gli eugubini sono abbastanza accoglienti dal punto di vista dell’inclusione. Forse lo sono un po’ di meno i bambini alla scuola elementare quando i genitori gli mettono in testa dei pregiudizi sugli stranieri”.

Cosa è la Corsa dei Ceri per Gubbio?
“Una festa che dura 365 giorni l’anno tra cene dei ceraioli, veglioni e riunioni per le mute del Cero”.

Invece per te cosa rappresenta?
“Per me è lo stesso, è un festa che senti tutto l’anno soprattutto quando vai nella Basilica di Sant’Ubaldo, dove trovi queste tre strutture di legno che aspettano solo il 15 maggio per tornare a correre per le vie di Gubbio. Ti trasmette tutte le emozioni possibili: dalla gioia, per la giornata che si andrà a svolgere, alla paura, sperando che nessun Cero cada e che soprattutto nessuno si faccia male; c’è una grande senso di unione con i ceraioli perché siamo tutti riuniti dentro le mura del centro storico per festeggiare un giorno importantissimo per noi; c’è anche la speranza, perché speri che la “muta” (gruppo di persone che insieme sostiene il Cero, ndr) del tuo amico o fidanzato che prende il Cero si svolga bene e che non abbia incidenti di percorso”.

Come viene vissuta questa manifestazione in una famiglia composta da persone non italiane?
“Nella mia famiglia sin da quando ero piccola, questa festa è sempre stata vissuto a pieno; anche se i miei genitori non mettono la divisa da ceraioli, a me e mia sorella ogni anno ci facevano vestire con la divisa del nostro Cero e puntualmente ci portavano sempre in Piazza Grande a vedere l’alzata. Quindi posso dire di averla sempre vissuta in pieno”.

Quando indossi la divisa da ceraiola cosa provi?
“Adrenalina. Ti assalgono mille emozioni, soprattutto gioia per la corsa, e senza divisa non riesci a provare l’emozione della festa, perché ti fa sentire parte della corsa anche se non sei tu che prendi in spalla il Cero. Quando indossi la divisa non senti nemmeno la fatica di salire il Monte, perché spero di arrivare in cima e prendere il posto migliore per vedere Sant’Ubaldo che chiude il portone”.
😂

Si dice spesso che gli eugubini siano un po’ “gelosi” della Corsa dei Ceri. Secondo te è vero? Perché?
“Sì, sinceramente anche io sono gelosa dei Ceri, perché se non conosci il vero motivo di questa corsa che si fa ogni anno, per chi viene fatta e ti interessa solo di ballare o bere durante la festa, allora non ha senso mettere la divisa dei Ceri o il fazzoletto sulle spalle. Non si tratta di essere “rustici” o provinciali, si tratta di far rispettare una festa che per noi ha molta importanza. Per la nostra città è per un po’ la nostra religione, perché comunque viene onorato il Santo protettore di Gubbio. Però in fondo è bello vedere i turisti che si divertono la sera a ballare e ad ammirare i ceraioli”.

Cosa può insegnare la Corsa dei Ceri a chi non è di Gubbio?
“Insegna che il giorno dei ceri non importa se sei albanese, italiano o rumeno , non si fa distinzione di eugubini “puri” o eugubini con origini straniere, l’unica cosa che importa in questo giorno è di quale colore hai la divisa perché ognuno onora il proprio Cero con i propri canti e i propri festeggiamenti. Ma appena finisce la corsa ci si riunisce tutti insieme a festeggiare la bellissima corsa svolta, e lì non importa di quale Cero sei, importa solo divertirsi al massimo”.

Ti senti più albanese o eugubina?
“Più eugubina in realtà, per il fatto che ho sempre vissuto e che quindi non conosco pienamente la lingua albanese; però mi sento anche albanese, perché i miei genitori mi hanno insegnato, pur vivendo in Italia, le tradizioni della loro terra”.

Meglio la patente di guida o la patente da matta di Gubbio?
“Ovviamente la patente da matta. La puoi prendere in qualsiasi momento vuoi, senza dover aspettare 18 anni”.

Salutaci da vera albanese-eugubina!
“Bella freghi, c’arvedemo alla prossima e Viva Sant’Ubaldo!”
💛

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Ho sposato uno straniero: 10 cose da fare prima di stilare il contratto

Sono sempre stata affascinata dall’”esotico”, dall’”altro”, da ciò che era diverso da me, da ciò che avrebbe potuto darmi quel qualcosa in più che sentivo mi mancava. Questo aspetto l’ho…

Sono sempre stata affascinata dall'”esotico”, dall'”altro”, da ciò che era diverso da me, da ciò che avrebbe potuto darmi quel qualcosa in più che sentivo mi mancava. Questo aspetto l’ho ritrovato anche nel mio percorso di studi, dalle mie amicizie internazionali e nei miei interessi. Poi, un giorno, ho incontrato il mio “bello e impossibile, dagli occhi neri e dal sapor Medio Orientale” e l’ho sposato. Ma che vuol dire sposare uno straniero? Ecco per voi una lista di regole per poter iniziare a cucinare la vostra deliziosa torta! 🤪🤪😋😋

 

❤ REGOLA N°1:

✅Conoscere la sua cultura di provenienza: sembra una banalità, ma cercare di capire la sua realtà vi renderà ancora più uniti.

❤ REGOLA N°2:

✅Conoscere la sua famiglia. È importante che voi entriate in contatto con la vostra futura suocera e suocero. Come,             probabilmente, per i vostri genitori anche i vostri suoceri saranno molto preoccupati che il figlio/a si stiano per sposare con una “straniera/o”. Non vorrete mica iniziare a litigare subito! 😅

❤ REGOLA N°3:

✅Conoscere le sue idee politiche. È importante tra una coppia italiana, figuriamoci tra stranieri! (PS. potrebbe votare il Salvini “de noiatri”)😱😤🧐🤪

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