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Adil: il cuoco musicista innamorato di Umbria Jazz

C’è gente ai Giardini Carducci, del resto durante Umbria Jazz è sempre così a Perugia, anche di pomeriggio. Mi siedo su una panchina, proprio di fianco al palco: c’è ancora…

C’è gente ai Giardini Carducci, del resto durante Umbria Jazz è sempre così a Perugia, anche di pomeriggio. Mi siedo su una panchina, proprio di fianco al palco: c’è ancora un po’ di tempo prima dell’intervista a Radio Cult, tanto vale stare qui e sentire un po’ di musica. Mi sto rilassando un po’ quando si avvicina un uomo, mi si siede accanto.

“Scusa – mi chiede – sai a che ora inizia il concerto?”

Gli rispondo che non lo so, che sono lì per caso. Ma intanto ho avvertito una cadenza particolare nel suo modo di parlare. Lo osservo un attimo, decido di provare a fare un’intervista al volo, à la #humansofumbria insomma. Mi presento, si presenta anche lui: si chiama Adil, ha 43 anni. Gli dico che collaboro con un blog che parla di immigrazione, integrazione e seconde generazioni, e gli chiedo se fosse un problema fare una chiacchierata su questi temi.

“Non me l’aspettavo – mi dice – ma va bene. Guarda che in Marocco vendevo macchine, parlo parecchio”. Nessun problema gli dico, anzi. “Va bene allora” mi risponde.

Inizia a parlare. Pensavo volesse fare qualche domanda sul blog, o sul tipo di domande che gli avrei fatto, come di solito succede. Ci metto qualche secondo a capire che per lui l’intervista era già iniziata, che mi stava raccontando di lui e della sua vita. Inizio a registrare.

“Sono a Perugia dal 2012, ma sono venuto in Italia nel 2010. All’inizio ero in Toscana: non avevo un lavoro fisso, ma bisogna sempre cercare, non mollare mai. Mi sono trasferito qua perché un amico aveva un ristorante e avevo la possibilità di lavorare con lui. In Marocco vendevo automobili in un concessionario, ma qui ho lavorato sempre nelle cucine dei ristoranti. L’importante è integrarsi nel settore in cui lavori, se non sei capace di integrarti in uno staff con poche persone come puoi pensare di integrarti in una società? Devi avere carisma”.

Questa è nuova. Cosa intendi per carisma?

Non ci pensa neanche su, risponde di getto. “Personalità, forza morale, coraggio. Con il carisma puoi fare tutto. Bisogna essere pazienti, avere cultura, saper comunicare con tutti: italiani, marocchini, americani, asiatici…  Bisogna capire come comunicare con la gente, tutto dipende dalla cultura e dalle proprie qualità”.

E l’ambiente in cui vivi, le persone che ti circondano, e magari ti guardano in un modo particolare per come ti comporti, per come parli, per la tua nazionalità? Quanto peso hanno?

“Certo dipende anche dalle situazioni, ma chi ti sta di fronte non sa chi sei tu, non conosce la tua vita, la tua storia, le tue esperienze. Devi comunicare tutto questo. Ognuno vive in società diverse, con mentalità e culture diverse: se si è ignoranti, senza cultura, educazione, o capacità intellettuali non puoi integrarti. Anche lo studio è importante: cercare di migliorarsi, e di non fare sempre gli stessi sbagli.” Si mette a ridere. “Non solo studiare materie: geografia, storia, o altro. Devi conoscere le lingue. Per esempio io parlo il francese come seconda lingua, un po’ di inglese perché l’ho studiato…”

Beh, anche l’italiano.

“Guarda, non sono ancora molto soddisfatto di come parlo l’italiano, cerco sempre di perfezionarlo. Questa è vera integrazione, sapere come esprimere al meglio i propri bisogni e i propri pensieri.”

Il volume, fino a quel momento abbastanza basso da fare da sottofondo alla nostra chiacchierata, aumenta di colpo. Stare così vicino alle casse non aiuta. Avvicino il microfono, inizio ad avere difficoltà a sentire le parole di Adil che intanto, forse influenzato dalle note, mi parla del suo rapporto con la musica.

“Sono pazzo per la musica, ho un’ora di pausa dal lavoro al ristorante e quando c’è Umbria Jazz vengo qui ai Giardini Carducci, meglio che stare un’ora a casa. Per fortuna Perugia ha Umbria jazz, altrimenti forse me ne sarei già andato. Anche io suono, il pianoforte. Da bambino vivevo in una casa in cui si sentiva sempre musica, i miei cugini suonavano in un gruppo, mio padre aveva vari dischi. Ricordo che la mia prima cassetta era di Bob Dylan, mi piaceva Ray Charles. Quando ero piccolo suonavo, e ho ricominciato poco tempo fa, dopo venti anni. Ora appena posso esprimo i miei pensieri e i miei sentimenti attraverso la musica. Non ho mai studiato musica, improvviso. Ho fatto anche alcuni brani, ma per ora li tengo per me. Non tutti approfittano del momento, io ringrazio per i momenti che vivo. Quando sono al pianoforte vivo dei momenti che sono solo miei, che nessuno può togliermi.”

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Nelle playlist dei ragazzi dello Sprar

Le colonne sonore dei richiedenti asilo e rifugiati scandiscono le loro giornate tra nostalgia di casa, ricordi dolorosi di viaggio e il desiderio di un futuro senza conflitti. Nell’ambito del…

Le colonne sonore dei richiedenti asilo e rifugiati scandiscono le loro giornate tra nostalgia di casa, ricordi dolorosi di viaggio e il desiderio di un futuro senza conflitti. Nell’ambito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) i ragazzi trascorrono il tempo tra corsi di lingua, ricerca di lavoro, tentativi di contatti con i familiari. Giovani poco più che ventenni con alle spalle esperienze difficili, ma gli stessi desideri dei loro coetanei che attraverso il linguaggio della musica mi hanno raccontato speranza e desideri.

JANKO JABBIE
Mamadou: “Ciao Janko come stai?”
JJ: “Bene grazie bro!”
M: “Sai già perché sono qui vero?”
JJ: “Sì, mi ricordo dell’intervista”.
M: “Andiamo dritti al punto, chi è il tuo artista preferito?”
JJ: “Jah Cure. Ma il “mio” Jah Cure. Ho scelto lui perché è uno degli artisti migliori al mondo. Quando lo ascolto mi sento felice, sento tante emozioni. La mia canzone preferita è All of me. Ascolto molto della sua musica ma questa è la mia preferita perché ti senti in connessione con te stesso, niente è come vivere insieme in amore e armonia, perché tutti gli esseri umani sono uguali. Il suo messaggio è che bisogna vivere in pace… amore, bro!”.

SALIOU JALLOW
Artista preferito: Rica.
“Rica è il migliore artista della Guinea. A Conakry, la capitale, la mia gente non ascolta la sua musica perché non comprendono quello che dice, ma quando lo capisci comprendi che sta parlando di te nelle sue canzoni”.
Canzone preferita: “Yadu Safari”.
“Letteralmente “colui che viaggia a piedi”. Questa è la mia canzone preferita che ascolto la mattina appena sveglio. Racconta della mia vita, del mio viaggio e continuerei ad ascoltarla ancora e ancora. Ho perso alcuni amici durante il mio viaggio. Questa canzone parla della mia vita”.

SAIKOU
Artista preferito: Richie Spice.
Canzone preferita: “Mother of creation”.
“Ho scelto questa canzone perché mi fa pensare a mia madre, una donna così speciale. Se ci pensi profondamente sai che le madri di tutto il mondo sono speciali, non saprai mai quanto tua madre ti ami! Il giorno che ho lasciato il mio Paese ho lasciato anche mia madre e ho imparato che niente è come la mamma. Il suo amore per te sarà sempre speciale, a distanza o vicino. Il suo amore sarà sempre là per te. Richie canta per tutte le madri, per questo la canzone ha questo titolo!”.

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Inclusione, tolleranza e rispetto tra i popoli: come un’associazione perugina insegna la multiculturalità attraverso la musica e la cultura del Perù

Sono padre e figlia, si chiamano Marco e Margherita Ricci e condividono la passione per la cultura popolare latino-americana. Insieme hanno fondato l’associazione culturale Alma Andina Perugia. Siamo andati a conoscerli e…

Sono padre e figlia, si chiamano Marco e Margherita Ricci e condividono la passione per la cultura popolare latino-americana. Insieme hanno fondato l’associazione culturale Alma Andina Perugia. Siamo andati a conoscerli e ci siamo fatti raccontare come nasce questa passione.

Cosa è Alma Andina Perugia?
Un’associazione culturale nata a Perugia nel febbraio 2013 per promuovere e diffondere in Italia e nel Mondo la cultura popolare ed etnica latino-americana, in particolare quella andina, attraverso musica, danza e folklore.

Quali attività portate avanti nella vostra associazione?
Nel corso degli anni abbiamo organizzato e messo in atto esibizioni di musica dal vivo, sfilate di costumi tipici, cucina peruviana, mostre di artigianato e strumenti tipici. Da un paio di anni, un’attività molto importante è quella di corsi di strumenti musicali etnici latino-americani, ai quali partecipano bambini e ragazzi italiani e non solo…

Perché un gruppo di italiani a un certo punto sente il bisogno di diffondere la musica delle Ande del Perù… a Perugia?
L’associazione nasce in ambito familiare, da una coppia mista (Marco e la moglie peruviana, ndr). Da questa unione è nata l’idea dell’associazione, che è formata anche dai figli di Marco (tra cui Margherita, ndr) e da cittadini peruviani e italiani interessati al progetto.

Che tipo di lavoro c’è dietro a un progetto del genere?
MARCO: Prima di tutto, ci documentiamo tramite mia moglie e le sue conoscenze, e poi nel corso degli anni abbiamo approfondito la cultura, il folklore e le tradizioni del Perù direttamente sul posto, tramite la gente locale, grazie ai tanti viaggi fatti in loco.

Cosa vi affascina della cultura e del folklore andino?
MARGHERITA: A me sono piaciute da subito la musica ed il ballo, e man mano ho imparato ad apprezzare anche tutta la cultura in genere.
MARCO: Mi piace un po’ tutto di questa cultura, perché esprime bene il carattere, l’educazione e la dignità del popolo andino, sul quale ovviamente incide anche il rapporto con questa natura imponente. Le persone sono genuine, tutti ti salutano e questo in Italia a volte manca.

Quali sono le differenze con la musica popolare italiana?
La musica è suonata con strumenti che vengono dalla natura, fatti ad esempio con la corazza dell’armadillo (charango) o con canne di bambù (flauto di pan). Le canzoni riguardano soprattutto l’amore e il corteggiamento, ma anche la vita di ogni giorno. Poi all’interno della musica andina stessa ci sono tanti generi, a seconda della zona in cui vengono proposti, che variano nella lingua (dallo spagnolo ad idiomi millenari, come il quechua o l’aymara), nei temi, nel suono, negli strumenti usati e nelle danze.

E anche voi vi esibite nei diversi generi della musica andina?
In primo luogo cerchiamo di far conoscere la musica delle zone andina, privilegiando alcune tipologie di musica come il huayno, ma nel nostro repertorio presentiamo anche pezzi classici della musica popolare latino-americana.

Quali spazi cercate per promuovere questa cultura?

MARCO: Per ora abbiamo partecipato soprattutto ad eventi interculturali di vario tipo promossi da istituzioni o associazioni a Perugia in vari contesti (dall’Università per Stranieri a Palazzo dei Priori, passando per Piazza del Bacio o alcune sagre), anche se un maggior appoggio proprio dalle istituzioni non ci dispiacerebbe. Inoltre riteniamo molto importanti le scuole, per trasmettere ai ragazzi attraverso la cultura andina elementi come l’apertura, la
tolleranza e il rispetto verso gli altri.
MARGHERITA: Umbria Jazz (ride!). Ci piacerebbe poterci esprimere in manifestazioni grandi, in festival o eventi anche fuori Umbria, magari diventando un punto di riferimento nazionale per la promozione di questa cultura.

Vi sentite più artisti o divulgatori?
MARGHERITA: Artisti!
MARCO: Credo che nella nostra attività non si possano scindere i due aspetti. La cosa più importante è promuovere questa cultura, e pensiamo che l’arte e la musica siano dei veicoli importanti per raggiungere questo obiettivo.

Spesso noi siamo portati a considerare i peruviani semplicemente come “sudamericani”, mettendoli sullo stesso piano con altre numerose comunità continentali presenti nel territorio (a Perugia mi vengono in mente quelle di Ecuador, Argentina e Colombia). Qual è il tratto distintivo che vi colpisce di più e che secondo voi gli italiani non colgono?
MARCO: A livello somatico è difficile distinguerli per un italiano non abituato, io stesso fino a una decina di anni fa (conoscevo mia moglie già da dieci anni) facevo fatica. Lo stesso vale a livello linguistico, anche se le differenze di parlata sono presenti rispetto a una comune lingua madre (lo spagnolo, ndr). Prendendo in considerazione le due comunità più diffuse a Perugia, peruviani ed ecuadoregni, i peruviani sono forse più intraprendenti e socievoli. Inoltre, tratto comune a buona parte dei sudamericani, risalta l’allegria nell’affrontare la vita, l’amore per la musica e la danza.

Avete rapporti con la comunità peruviana e andina presente a Perugia e in Umbria?
Sicuramente, e partono già da prima della nostra fondazione. Cooperiamo con le varie associazioni di peruviani di Perugia per attività ricreative di vario tipo, in particolare quelle di danza, ed abbiamo avuto una collaborazione proficua con la Pastorale Latino-Americana di San Sisto a Perugia, nei loro eventi e nelle funzioni religiose. Ed abbiamo fatto attività anche comunità di altri Paesi del Sud America, in particolare quella dell’Ecuador.

Come vedete l’integrazione e l’inclusione a Perugia, in particolare riguardo alla comunità peruviana?
MARCO: Secondo noi i peruviani sono abbastanza integrati nel contesto perugino, perché partecipano a diversi eventi popolari in Italia, come le sagre. Inoltre sono una comunità ben vista perché considerata gente responsabile, che si comporta bene, lavora e non ruba.
MARGHERITA: I più giovani grazie alla scuola sono molto integrati con i loro coetanei, fanno le stesse attività e si sentono coinvolti nella società, sono più italiani che peruviani; anche se per loro è probabilmente più facile rispetto ad un adulto trasferitosi da poco.

Il vostro progetto può aiutare ad avvicinare i due popoli, almeno nella realtà perugina ed umbra?

Noi consideriamo la multiculturalità come una risorsa e una ricchezza per tutti noi. Un valido esempio di ciò sono le famiglie miste come la nostra, in cui i figli assimilano diverse culture in modo del tutto naturale ed egualitario. Come Alma Andina Perugia cerchiamo di coinvolgere nelle attività ragazzi italiani, stranieri, seconde generazioni unite
nell’apprendere, promuovere e diffondere una cultura particolare. Questo porta anche a diffondere sentimenti positivi, come l’inclusione, la tolleranza e il rispetto tra i popoli, attraverso la reciproca conoscenza, il confronto e lo scambio culturale. Sarebbe importante che anche alti organismi (come i governi) intensifichino certi progetti o
manifestazioni, allo scopo di favorire l’inclusione e la pari dignità di tutte le persone del Mondo.

 

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