Tag: diversità

Due buoni motivi per continuare a essere razzista

Blogniù nasce per parlare di diversità culturale. Purtroppo legato a questa tematica c’è spesso l’argomento razzismo, tanto che ci troviamo spesso a trattarne, scrivendo articoli in cui parliamo della bellezza…

Blogniù nasce per parlare di diversità culturale. Purtroppo legato a questa tematica c’è spesso l’argomento razzismo, tanto che ci troviamo spesso a trattarne, scrivendo articoli in cui parliamo della bellezza della multiculturalità e, conseguentemente, quanto ci si perda a non volerla vedere discriminando il diverso.

Ciò significa che se non esistesse chi discrimina noi non avremmo bisogno di scrivere buona parte dei nostri articoli. Oggi, in occasione della settimana contro il razzismo, mi sono chiesta perché privarmi di così tanto materiale di scrittura. D’altronde se non ci fosse il bisogno di informare la gente sull’importanza dell’integrazione, sull’apprezzare la diversità e sul ‘non hai motivo di essere razzista perché’ per chi scriverei?

Perciò con questo articolo ho deciso di autoalimentare il mio mercato e darvi due motivi per essere razzisti e, se lo siete già, per continuare a farlo senza fastidi.

  1. Il razzismo culturale (o neo razzismo)

Nel 2020 si è universalmente considerati degli ignoranti se si dice “ce l’ho con lui perché è musulmano” o “ce l’ho con lui perché è terrone”. Come si può continuare a discriminare una categoria diversa indisturbati? Beh, ad una società più colta va un razzismo più colto: non si dirà più “non mi piacciono i musulmani” ma “non mi piace il modo in cui i musulmani (tutti) trattano la donna” o “non mi piace che i musulmani facciano il ramadan” o ancora “non è che non mi piacciono i terroni, è che sono tutti pigri”.

Insomma, motivare le proprie discriminazioni abbozzando delle argomentazioni riferite alla cultura del discriminato è una delle maniere più popolari per non essere tacciato di xenofobia e, a volte, passare persino per quello intelligente che non ha paura di dire cose scomode.

Attenzione però: con i dati alla mano o un po’ di spirito analitico c’è il rischio che il vostro interlocutore possa controbattere. In tal caso dite “non è questo che intendevo” poi continuate a ripetere ciò che stavate dicendo prima di essere interrotti. Questo dovrebbe permettervi di non fare brutta figura, tuttavia meglio prevenire il problema mantenendo le vostre argomentazioni in superficie: per scendere in un dibattito sul perché sia giusto criticare qualcuno che digiuna di sua spontanea volontà senza dare fastidio a nessuno ce ne vogliono di argomentazioni a favore.

  • Dagli all’untore

Ho intitolato questo paragrafo con la frase che i popolani ne I Promessi Sposi gridano a un ingenuo Renzo, convinti che stesse volontariamente diffondendo la peste per la città: ovviamente il protagonista era innocente e il popolo, preso dal panico, aveva bisogno di dare un volto al perché delle proprie disgrazie.

Nel corso di un anno ci accadono molte cose negative. Alzi la mano chi non è stato assunto al lavoro, chi si vede raddoppiare le proprie bollette di anno in anno o chi pensa di pagare troppe tasse rispetto a quello che guadagna.

Trovare causa e soluzione a questi problemi è un processo che richiede molta analisi e riflessione e sono processi che non sempre dipendono da voi. Potremmo aggiornare il nostro CV, potremmo insistere per far riparare definitivamente il rubinetto della cucina che perde acqua o potremmo metterci a ragionare sul perché le tasse siano così alte e magari studiare un modo per richiedere una soluzione.

Ma stare a riflettere su tutte queste cose richiede tempo: c’è una casa da gestire, i bambini da prendere a scuola per portarli a calcetto, lo studio per gli esami e una vita sociale da mantenere. In più trovare canali di informazione attendibili richiede tempo.

E allora con chi ce la prendiamo? Contro quale muro sbattiamo la testa?

Per fortuna esiste sempre qualche minoranza con meno mezzi per tutelarsi. Non li conosciamo bene, è più facili incolparli senza che possano replicare.

Quando queste minoranze, questi stranieri, sono fuori dal mercato del lavoro possiamo considerarli pesi da mantenere, quando vi accedono hanno rubato la professione a qualcun altro. Semplice, no?

Ci permette di sfogare il nostro stress senza temere ripercussioni, tanto i diversi sono meno (e meno integrati nella società) di noi. In più possiamo non intralciare le nostre numerose attività quotidiane perdendoci dietro a mille ragionamenti sui perché dei nostri problemi o sui canali di informazione (prima per trovarli poi per capire che dicono) a cercare di capirci qualcosa in più.

A maggior ragione quando la soluzione sembra dipendere così poco da noi.

Commenti disabilitati su Due buoni motivi per continuare a essere razzista

Aspetta, ma tu sei musulmana? La religione (e l’assenza di essa) in Albania

A volte, quando si discute di religione in gruppo o quando rifiuto qualche pizzetta al salame e formaggio agli aperitivi, i miei interlocutori mi chiedono “aspetta, ma tu sei musulmana?!?”…

A volte, quando si discute di religione in gruppo o quando rifiuto qualche pizzetta al salame e formaggio agli aperitivi, i miei interlocutori mi chiedono “aspetta, ma tu sei musulmana?!?” con l’espressione un po’ stupita di chi non riesce ad associare l’Islam alla ragazza pallida con i capelli chiari che hanno davanti.

Per rispondere ho due opzioni che utilizzo in base all’interesse di chi mi ascolta:

a) Opzione breve: Non sono musulmana, non mangio la pizzetta, non mi piace il formaggio.

b) Spiegone: Non sono musulmana, il fatto che sia albanese si collega poco con la religione. In Albania la religiosità delle persone è molto più variegata rispetto che in Italia. Non è detto che un albanese sia musulmano né che, anche se si dice tale, segua le norme dell’Islam che tutti conosciamo (bla bla bla…).

Per chi tra voi si considera uno dei miei interlocutori interessati a cos’ha di strano la religiosità in Albania rispetto alla religiosità in Italia (ma diciamo anche rispetto al resto del mondo) ecco qua il mio spiegone scritto nel dettaglio. Enjoy!

Dati statistici sulla religione in Albania

Attualmente non esiste un censimento ufficiale fornito dallo Stato albanese e i dati che ho trovato su internet non mi convincono quindi ecco i miei grossolani dati personali:

In Albania è presente una maggioranza di musulmani, seguiti da una forte minoranza ortodossa e dai cattolici. Secondo alcune indagini della CIA molte persone si dicono atee, addirittura quasi la maggioranza del Paese. Tutti questi credo religiosi (ateismo compreso) sono perfettamente integrati tra loro e venendo in Albania noterete sicuramente la presenza di chiese e moschee a pochissima distanza l’una dall’altra. In più occasioni, durante i miei soggiorni nel Paese delle Aquile, ho sentito suonare assieme le campane e i richiami del Muezzin.

I religiosi praticanti sono presenti soprattutto tra gli ortodossi ma non sono molti, specie se confrontati con il numero dei credenti praticanti di molti altri paesi.

Come credono gli albanesi

Nella mia personalissima esperienza non ho mai incontrato un albanese musulmano che fosse il tipo di credente islamico che tutti noi conosciamo: niente ramadan, niente cinque preghiere al giorno e guai a togliere il maiale dall’alimentazione! Ho notato che spesso dire ‘sono musulmano’ in Albania è quasi un’altra maniera di dire ‘vengo da una famiglia albanese che è stata musulmana’ e, chi tra loro crede in un potere spirituale superiore, normalmente non lo chiama né Allah né Dio.

Gli ortodossi sono già dei credenti più fervidi, chi più chi meno, ma anche loro hanno meno riti e “formalità” religiose rispetto agli ortodossi di altri paesi.

Discriminazioni

In Albania non ho mai visto né sentito nessuno discriminare gli altri per il loro credo religioso. Semplicemente non importa. Sposarsi tra ortodossi e musulmani è più che normale e non è un fenomeno che accade di rado: ci si sposa in Comune, si festeggia secondo le tradizioni albanesi (oppure inizia a prendere piede anche la tendenza del mega-pranzo all’italiana) e il problema non si pone.

Sicuramente influiscono gli anni di regime comunista trascorsi dal Paese che hanno proibito ogni forma di religione e che hanno “diluito” la fede di molte persone, ma resta il fatto che il modo di praticare la propria fede in Albania è molto rilassato e libero da ogni forma di preconcetto.

Commenti disabilitati su Aspetta, ma tu sei musulmana? La religione (e l’assenza di essa) in Albania

Ero una bimba straniera. Oggi insegno a non temere la diversità

L’educazione verso la tolleranza, il rispetto e l’accettazione del (apparentemente) diverso parte necessariamente dalla scuola. Proprio la scuola rappresenta il mondo di Elvira, da alunna e studentessa a insegnante. La particolarità? Anche…

L’educazione verso la tolleranza, il rispetto e l’accettazione del (apparentemente) diverso parte necessariamente dalla scuola. Proprio la scuola rappresenta il mondo di Elvira, da alunna e studentessa a insegnante. La particolarità? Anche lei, a suo tempo, era una nuova umbra.

Ciao Elvira, presentati in due parole

“Ho 29 anni e sono un’insegnate della scuola primaria. Mi sono laureata nel 2015 in Lettere Moderne e sto nella fase conclusiva della mia seconda laurea in Scienze della Formazione Primaria”.

Sei italiana, di origine kossovara, con genitori stranieri. Come è stata la tua infanzia dal punto di vista dell’integrazione?

“Dal punto di vista dell’integrazione la mia infanzia non è stata semplice, un po’ perché ancora la scuola non era pronta e così attenta a questo tema e in parte per il mio carattere, essendo molto timida e introversa. La lingua non mi era d’ostacolo, anzi ho iniziato a sostituire la mia lingua madre con l’italiano. Infatti in casa, anche con i miei genitori, parlavamo solo italiano”.

E la scuola come l’hai vissuta sotto questo aspetto?

“Ho fatto una scuola a tempo pieno e mi piaceva molto andarci. Mi ricordo che in prima elementare, appena imparato l’alfabeto, scrivevo ovunque e dappertutto: ero diventata grafomane.  Nonostante ciò, mi ricordo di aver fatto molta fatica ad essere accettata dai miei compagni di classe proprio in quanto il lavoro delle insegnanti da questo punto di vista è stato quasi pari a zero. Ciò era dovuto in parte al fatto che vedevano e sentivano che con la lingua ero spigliata, così come con il rendimento scolastico”.

Per te studiare è stato importante nel tuo processo d’integrazione?

“Lo studio era diventato un mio rifugio e riscatto dalla mia condizione di partenza, vedevo lo studio come l’unica cosa che mi facesse assomigliare ai miei compagni di classe e accettare dal mondo che mi che circondava. Spesso ciò mi provocava rabbia perché ho sempre dovuto combattere per affermarmi, farmi conoscere e non sentirmi dire ‘tu sei straniera!’ e le volte in cui ho sentito, ahimè, questa affermazione, ci sono sempre stata male. Io non mi sentivo diversa da nessuno: erano gli altri che volevano farmi sentire diversa da loro ed era difficile per me dimostrargli questo”.

Cosa ti ha spinto a diventare un’insegnante?

“L’amore, ma soprattutto l’appartenenza che sento alla lingua italiana e la voglia di trasmettere il mio sapere al prossimo, facendo attenzione alle difficoltà di ciascuno, piccoli e grandi, senza alcuna distinzione. Trasmettere la sete di conoscenza e l’amore per lo studio come unico mezzo per raggiungere i nostri obbiettivi. Ovviamente il percorso non è senza sacrifici e difficoltà, ma la soddisfazione finale ripaga di tutto. Vedersi dove si voleva essere, almeno nel mio caso, è la cosa che più mi ha gratificato nella vita. Da insegnante vorrei poter infondere coraggio, fiducia in se stessi, amore e gentilezza. Purtroppo certi valori si stanno dimenticando perché l’egoismo e l’individualismo che stanno dominando la nostra società hanno preso il sopravvento, facendoci dimenticare che siamo tutti esseri umani con sentimenti, emozioni e desideri”.

Secondo te, cosa dovrebbe rappresentare un’insegnante?

“Per me è  importante che ogni bambino senta la maestra come un sua alleata nella vita, un punto di rifermento (dopo ovviamente le figure parentali) nel suo percorso di crescita. È importante che fin da piccolo un bambino impari i giusti valori, impari ad essere umano e non un automa. Un essere pensante che può decidere cosa vuole diventare, cosa vuole fare, cosa vuole dare a questo nostro mondo per renderlo migliore di ciò che è. Vorrei poter insegnare che anche il più piccolo contributo può fare la differenza”.

Nel tuo lavoro insegni a bambini/e di varie età, e tra loro ci sono stranieri e seconde generazioni. Come vivono i bambini queste classi multiculturali?

“È difficile esprimersi perché sicuramente con uno spaccato di società come quello attuale, c’è ancora la paura dello ‘straniero’. Questa fobia è instillata ancor di più dalla nostra classe politica, che sta infondendo sempre più cattiveria e sta cancellando quei passi fatti negli anni fino ad ora verso una politica di integrazione ed inclusione verso il prossimo, che per quanto difficoltosa in parte ha funzionato, ma su cui ancora c’è bisogno di lavorare, in primis noi insegnanti”.

E gli adulti?

“Per chi ha potuto, come me, avere gli strumenti giusti, l’integrazione ha funzionato. Ma per chi non ha avuto la mia fortuna di poter studiare e di essere seguita da una famiglia attenta e premurosa, non mi sento di dire che l’integrazione abbia funzionato. Penso anzi che le politiche di integrazione sbagliate abbiano fatto sì che le persone si ghettizzassero da sole, volendosi fare forza tra di loro per affermarsi e dire: esistiamo anche noi”.

Trovi qualche differenza tra la scuola che tu hai frequentato e quella attuale che vivi da educatrice?

“Sicuramente ci sono stati notevoli passi avanti nella scuola da quando ero studentessa ad ora che sono un’educatrice. Avrei voluto anche io avere insegnanti più preparate e attente su questo argomento come ci sono oggi. Nel mio piccolo, come insegnante, attuo politiche di inclusione a partire dal rapporto con le altre insegnanti e tra i compagni di classe, facendo sì che la diversità di ciascuno sia un valore aggiunto per tutti noi e un punto di forza”.

Quanto è importante il valore della multiculturalità nel tuo metodo educativo?

“Nel mio metodo educativo è fondamentale la multiculturalità. Mi dà modo come insegnante di trovare sempre soluzioni alternative a adatte a ciascun bambino, mi fa misurare con difficoltà vere e proprie del mestiere, dandomi nuovi stimoli e punti di vista sempre diversi”.

Chiudiamo in bellezza: secondo la tua esperienza personale, cosa potrebbe fare di più la scuola per favorire maggiormente l’integrazione tra bambini fin dalla più tenera età?

“Penso che continuare a parlarne e ad attuare sempre più politiche di integrazione nella scuola fin dall’infanzia, con docenti motivati e preparati, sia l’unica strada percorribile. Se vogliamo questa è la sfida dell’insegnante: sconfiggere la paura del ‘diverso’, dello ‘straniero’, far capire che la diversità non nuoce e ci rende unici nel nostro genere, che dalla diversità possiamo solo apprendere e far tesoro di questa nuova conoscenza, ringraziando chi ci ha dato l’onore di poter conoscere culture e storie di vite diverse dalla nostra”.

Commenti disabilitati su Ero una bimba straniera. Oggi insegno a non temere la diversità

Essere diversi, essere uguali: dall’invenzione della razza ai giorni nostri

Siamo nel 2018 ma sembra che le cosiddette società occidentali invece che «fare grandi passi in avanti per l’umanità», stiano facendo enormi passi indietro. Con l’avvento di internet e la…

Siamo nel 2018 ma sembra che le cosiddette società occidentali invece che «fare grandi passi in avanti per l’umanità», stiano facendo enormi passi indietro. Con l’avvento di internet e la possibilità per tutti di entrare a far parte di quel mondo virtuale globalizzato, vecchie ideologie naziste, fasciste e razziste, sembrano essere riaffiorate, lasciando da parte quel concetto di uguaglianza tanto voluto dalla Rivoluzione Francese. Da cosa è dato il fenomeno? Forse è sempre stato lì, ma in qualche modo c’era vergogna di renderlo pubblico? Forse sta riaffiorando a causa di una legittimazione data dall’anonimato?

Commenti disabilitati su Essere diversi, essere uguali: dall’invenzione della razza ai giorni nostri

Type on the field below and hit Enter/Return to search