Iniziamo dicendo che no, non è l’incubo peggiore di qualsiasi nazional-sovranista europeo, ma l’idea che ha portato alla nascita dell’Open Art Week (WAO): incontri, mostre e spettacoli di arte contemporanea,…
Iniziamo dicendo che no, non è l’incubo peggiore di qualsiasi nazional-sovranista europeo, ma l’idea che ha portato alla nascita dell’Open Art Week (WAO): incontri, mostre e spettacoli di arte contemporanea, organizzati dall’Associazione REA, che per 9 giorni hanno portato un po’ di Tunisia, la sua parte più vera e libera, in giro per Perugia.
Quello della “Libertà”, con la L maiuscola, è stato un tema che è sempre tornato al centro degli incontri cui abbiamo preso parte. Libertà di vivere al meglio la propria vita e libertà di esprimersi si sono incontrate, fuse, e per la sua prima edizione l’Open Art Week ha scelto proprio Perugia per dare voce e spazio agli artisti partecipanti.
Se avete usato il minimetrò tra il 29 e il 7 ottobre, e vi siete guardati un po’ intorno, forse avrete notato che nelle stazioni hanno trovato posto fotografie, in bianco e nero, che non avevate mai visto prima. Erano le foto scattate da Ziad Ben Romdhane, che ha cercato di raccontare per immagini alcuni aspetti della vita (e qualche assurdità) della Tunisia moderna.
Le abbiamo viste mentre salivamo in centro per andare a vedere uno dei film del WAO proiettati al Postmodernissimo, “El Gort”, di Hamza Ouni. Un documentario frutto di anni di riprese e interviste, iniziato con il padre del regista e concluso non senza grandi difficoltà, come ci ha confessato lo stesso Hamza alla fine della proiezione: “per anni il documentario è stato censurato, la proiezione è stata vietata. È triste come un film girato per i tunisini possa essere guardato solo all’estero. Ora, dopo la fine della dittatura, la situazione in parte è cambiata, però…”. Però, come fanno capire i protagonisti del documentario, alcune cose non cambiano mai: nel loro caso, la miseria e le difficoltà del mercato del fieno, sempre meno redditizio, e che portano molti a sognare di partire, per un posto in cui non siano umiliati dal loro stesso Paese, per cercare altrove fortuna e una vita più facile (anche, a volte, fuori dalla legge); per l’autore, il tendenziale ostracismo di una parte dell’élite del suo Paese per chi cerca di mostrare i problemi dei giovani tunisini.
“La libertà di espressione per voi è una cosa normale; per noi non è stato così, c’è stata una lotta per guadagnarcela durante quella che chiamate ‘Rivolta dei Gelsomini’. Ora possiamo dire cose che prima non potevamo neanche pensare. Anche se quelli che i manifestanti portavano erano machmun, e non mazzi di gelsomini!”. Il sorriso contagioso di Seif Eddine Nechi si riapre solo alla fine del suo commento sulla libertà di espressione. Nella mostra dei suoi fumetti al Tangram ha raccontato di come è diventato uno tra i più apprezzati fumettisti della “nuova generazione” tunisina, di come ha dovuto sgomitare perché lui e il collettivo Soubia, di cui fa parte, avessero uno spazio nella scena culturale di Tunisi. Anche perché i loro fumetti, anche se molto apprezzati dalla critica internazionale, sono in tunisino, sono fatti per i tunisini. Anche a costo di non avere grandi finanziamenti e dover organizzare piccoli eventi o distribuire i fumetti gratuitamente per coltivare la loro passione.
Un altro dei film portati dal WAO al Postmodernissimo, “The Last of Us”, opera prima del 2016 di Ala Eddin Slim, affronta il tema della libertà in un modo completamente diverso, per dire la verità completamente inaspettato. Inizia come potrebbe iniziare un film “normale” (per quanto senza dialoghi) sulla “normale” realtà dei nostri giorni, con due uomini che attraversano il deserto per dirigersi verso il mare. Uno di loro viene fermato quasi subito, da degli uomini che tendono loro un’imboscata, mentre l’altro (dai titoli di coda sappiamo che il suo nome è semplicemente N.) continua il suo viaggio, per poi arrivare alla spiaggia, rubare una barca e salpare verso quella che presumiamo sia l’Europa. Ma non c’è la modernità ad aspettare il protagonista, accolto invece da foreste e nessuna traccia di civiltà o di presenza umana. Fino a quando “incontra” (guardate il film e vi spiegherete il virgolettato) un vecchio cacciatore, coperto da pelli di animale, visibilmente selvaggio.

Una scena da “The Last of Us” di Ala Eddin Slim
Si capisce qui che il film ha lasciato il terreno dalla critica e dell’attualità per entrare nell’immaginifico, che la barca di N. è attraccata nel passato remoto (o nel futuro post-apocalittico, chissà), e che il nostro eroe è all’inizio di un cammino che lo porterà a trovare la libertà non nell’occidente contemporaneo, ma nella natura preistorica, selvaggia e proprio per questo vera.
All’Open Art Week non ci sono stati solo incontri ed eventi per presentare le opere, ma anche workshop aperti a tutti coloro che volessero conoscere meglio una certa espressione artistica, e diventare loro stessi protagonisti dello spettacolo multiculturale che stava andando in scena in quei giorni. Uno degli artisti che si sono prestati è stato il nostro Nechi, che tutti i giorni ha incontrato gli studenti per un laboratorio di fumetti; un altro è stato Rochdi Belgasmi, ballerino e insegnante di danza contemporanea.

Una momento dello spettacolo (dal profilo Instagram del WAO)
Il suo spettacolo, alla Corsia Of, è stato un incredibile incontro tra la danza tradizionale tunisina (in tutte le sue varianti locali) e la danza moderna, in un turbine che non ha risparmiato né il ballerino né i tanti spettatori, chiamati a ballare prima in piccoli gruppi e poi tutti insieme, per condividere un momento di libertà nel ritmo e nella musica tunisina.
Questi sono stati solo alcuni degli eventi che hanno movimentato Perugia nella prima settimana di ottobre; dalla settimana successiva, per altri 9 giorni, la contaminazione artistica si ribalta, con artisti italiani a portare la loro passione a Tunisi, in uno scambio che speriamo rinforzi i legami tra le due (vicine, vicinissime) sponde del Mediterraneo.
Grazie Open Art Week, per favore: torna a Perugia anche il prossimo anno.