Autore: Selma Khadra

Realizzare un sogno, nonostante i mille ostacoli

Renata è nata in Ecuador ed è cresciuta in Italia, ha frequentato il liceo linguistico e poi si è iscritta al corso COMIIP dell’Università per Stranieri di Perugia laureandosi in…

Renata è nata in Ecuador ed è cresciuta in Italia, ha frequentato il liceo linguistico e poi si è iscritta al corso COMIIP dell’Università per Stranieri di Perugia laureandosi in comunicazione internazionale e pubblicitaria, per poi conseguire una laurea magistrale in Svezia.

Vive con sua sorella, sua mamma e suo zio, ha un cane e un gatto.
Parla, oltre all’italiano, lo spagnolo, l’inglese e un po’ di francese, sa fare la torta al testo e scherzosamente afferma “sono apolide: un po’ di qua e un po’ di là”.

Il fatto di essere straniera le ha portato sia delle difficoltà che delle ricchezze nel suo percorso di vita: quando andò in Svezia per conseguire la seconda laurea, non essendo cittadina europea può viaggiare solo tre o quattro mesi con il permesso di soggiorno, dovendo restare in Svezia circa sei mesi doveva fare il visto.
Per svolgere la pratica ha trovato degli ostacoli, dovendo raccogliere tutti i documenti e tradurne alcuni, come ad esempio l’estratto conto.
Nonostante non fosse certa del visto, Renata è partita lo stesso e fine agosto e dopo qualche settimana le hanno confermato il visto.

Una volta tornata in Italia, ha trovato difficoltà anche nel cercare lavoro a causa della cittadinanza che non aveva, nonostante avesse le competenze.

Renata ammette che si è adattata facilmente, sebbene gli ostacoli che ha incontrato e le differenze culturali, anche grazie alle esperienze della sua famiglia.

Da piccola aveva due sogni: voleva diventare un carabiniere, passione che è nata guardando la fiction italiana “Carabinieri”, sogno non realizzabile al momento perché non cittadina italiana ed è piccola d’età; oppure fare un lavoro che le permettesse di viaggiare il mondo: questo lo sta realizzando.

Renata ha in programma molti viaggi come, ad esempio, Polonia, Costa D’Avorio e Mali.



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Un francese “inappropriato”

Aminata vive in Italia dal 2010, è originaria del Gabon. Ha conseguito una laurea triennale e una magistrale all’Università per Stranieri di Perugia.Dal 2021 lavora come operatrice al Cidis Onlus….

Aminata vive in Italia dal 2010, è originaria del Gabon.

Ha conseguito una laurea triennale e una magistrale all’Università per Stranieri di Perugia.
Dal 2021 lavora come operatrice al Cidis Onlus.

Racconta che non è stato facile integrarsi e trovare un lavoro nel campo delle Relazioni Internazionali, nella quale ha conseguito una laurea magistrale, affermando che in un posto con già poche opportunità di lavoro, si prediligono i ragazzi che hanno una cittadinanza italiana o europea.
Aminata, che è madrelingua francese, racconta di come nelle offerte di lavoro la sua conoscenza della lingua francese non sia stata accettata come appropriata per lavorare perché madrelingua del Gabon (paese dell’Africa centrale) e non della Francia.
“Qui si tende a sottovalutare e anche a generalizzare, [..], pensando che noi abbiamo un francese diverso dal francese della Francia” – afferma Aminata – non considerando che in Gabon si è madrelingua francese perché è una colonia francese.

Questo ha creato molte difficoltà ad Aminata che si è sempre sentita sottovalutata e discriminata.


			
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Quando la passione per il calcio diventa mezzo di integrazione

Marc è originario della Costa D’Avorio, viveva a Pescara e poi si è trasferito a Pietralunga. Nel 2016 arriva in Sicilia dalla Libia, poi dalla Sicilia si trasferisce a Pescara.Inizia…

Marc è originario della Costa D’Avorio, viveva a Pescara e poi si è trasferito a Pietralunga.

Nel 2016 arriva in Sicilia dalla Libia, poi dalla Sicilia si trasferisce a Pescara.
Inizia a giocare in una squadra di calcio ma dopo aver subito un infortunio è costretto a smettere.

Dopo circa un anno si trasferisce a Perugia, non continua la sua carriera calcistica a causa di una revoca ricevuta dopo aver avuto un problema con un altro ragazzo.
Tramite un suo amico, conosce il CIDIS. Qui, viene aiutato da Giulia (un’operatrice che fa sportello) e un avvocato, perché rimane senza permesso di soggiorno e senza un posto in cui stare per circa un anno e sei mesi, riuscendo però a cavarsela “dormendo un po’ qui e un po’ là”.
Incontra un altro ragazzo della Costa D’Avorio con cui inizia a giocare a pallone, entrano così in una squadra composta da altri ragazzi stranieri; dal 2017 al 2018 gioca con questa squadra che arriva seconda in campionato.
Marc riesce ad ottenere di nuovo il permesso di soggiorno anche grazie all’allenatore Giacomo.
Circa un anno dopo la prima squadra di Umbertide lo contatta per offrirgli un posto, lo aiuta a trovare un alloggio e ad integrarsi.
Nel 2019 si trasferisce nella squadra di Pietralunga grazie alla quale trova un lavoro.

Marc si è integrato molto bene, parla benissimo l’italiano ed è grato all’Italia per la vita che gli ha dato.

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Uno shock culturale… al contrario

Margherita, italiana originaria dell’Abruzzo, ha 31 anni. Ha viaggiato molto e si è ritrovata per 12 anni, dal 2004 al 2016, a vivere a Città del Capo in Sudafrica. Suo…

Margherita, italiana originaria dell’Abruzzo, ha 31 anni.

Ha viaggiato molto e si è ritrovata per 12 anni, dal 2004 al 2016, a vivere a Città del Capo in Sudafrica. Suo padre si trasferì lì nel 1994 per motivi di lavoro e dopo quale anno Margherita e il resto della famiglia lo seguirono.
Mentre tutta la sua famiglia vive ancora lì (zii, cugini, nonna, sorella, nipote), Margherita torna in Italia nel 2016, precisamente a Roma, per stare con il suo compagno Davide.

Margherita, ironicamente, racconta dello shock culturale che ha vissuto tornando in Italia e trasferendosi a Roma, definendola una “città impegnativa e caotica che richiedeva una grande organizzazione” alla quale non era preparata credendo, però, di esserlo solo perché era il suo paese di origine.

Si trasferisce a Perugia nel 2018 e afferma che il riuscire a distaccarsi dalla vita di città vivendosi a pieno la natura, grazie alla quale è riuscita a ritrovare una stabilità anche nell’organizzazione anche attraverso la natura.

Ora Margherita insegna inglese, si è appena laureata in Relazioni Internazionali e Cooperazione allo Sviluppo e spera di riuscire a viaggiare ancora, uscendo dall’Italia e lavorare in un settore relativo alla sua laurea.


			
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Una comunità accogliente nel cuore dell’Italia

Favour ha 20 anni, è originaria della Nigeria e vive a Massa Martana (Perugia).Prima viveva a Todi, un comune in provincia di Perugia, che le piaceva molto perché grande e…

Favour ha 20 anni, è originaria della Nigeria e vive a Massa Martana (Perugia).
Prima viveva a Todi, un comune in provincia di Perugia, che le piaceva molto perché grande e quindi con più mezzi di trasporto e opportunità lavorative.
Nonostante ciò, le piace vivere a Massa Martana perché è un paese tranquillo, ha molti posti in cui poter camminare e ci sono dei parchi in cui porta a giocare sua figlia Gioia.

Molti degli stranieri che si trasferiscono in Italia non conoscono bene la lingua e trovano difficoltà poi ad ambientarsi; Favour è una ragazza fortunata, in quanto, ha avuto la possibilità di poter vivere in un posto di cui conosce la lingua e quindi è riuscita ad uscire, socializzare e quindi comunicare facilmente con le persone.

L’Umbria ha conquistato Favour con il cibo, i paesaggi e l’affetto delle persone che non l’hanno mai discriminata, al contrario l’hanno ben accolta.

Vorrebbe aprire un ristorante africano, ha fatto un corso per aiuto cuoco e vorrebbe studiare alla scuola alberghiera, sta prendendo la patente e ha molta voglia di lavorare.

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Un promotore per le seconde generazioni

Charly è nato nella Repubblica Democratica del Congo ed è arrivato in Italia quando aveva circa sette anni con sua mamma, raggiungendo suo papà ormai stabilitosi in Italia per finire…

Charly è nato nella Repubblica Democratica del Congo ed è arrivato in Italia quando aveva circa sette anni con sua mamma, raggiungendo suo papà ormai stabilitosi in Italia per finire il suo percorso di studi.

Cresce in Italia, frequenta tutte le scuole, ciononostante viene identificato come cittadino extracomunitario anche se parlando d’identità, si sente di appartenere di più al paese che l’ha visto crescere piuttosto che al suo paese originario.


Arriva in Italia negli anni ’90 e ricorda un’Italia diversa soprattutto per quanto riguarda le dinamiche dei flussi migratori che sono completamente diverse da quelle di oggi.
Racconta, quindi, di essersi integrato meglio e di aver vissuto un clima molto più tranquillo di quello attuale, riuscendo perciò a trovare un equilibrio in un’appartenenza solida: “essere italiano è quello che più mi si addice” – dice Charly – e afferma che il segno lasciato dalle sue origini rimarrà per sempre nonostante il distacco che c’è stato che negli anni tra lui e il suo paese originario.

Charly è grato per aver avuto la possibilità di vivere una realtà più stabile e concreta, di potersi esprimere in italiano e di poterne essere un promotore per le seconde generazioni, attraverso la satira e l’arte.
Ciò gli dà modo di far conoscere realtà diverse e di essere, quindi, un mezzo di informazione di cultura e dialogo tra popoli diversi.

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Sentirsi a casa grazie agli amici

Carlos, originario del Brasile, vive a Perugia da circa due anni e insegna lingua inglese. Nel 2016 lascia il Brasile per cercare opportunità lavorative in Europa.Viene a Perugia nel 2017…

Carlos, originario del Brasile, vive a Perugia da circa due anni e insegna lingua inglese.

Nel 2016 lascia il Brasile per cercare opportunità lavorative in Europa.
Viene a Perugia nel 2017 per ottenere la cittadinanza.
Dopo un paio d’anni ritorna e vi si stabilisce perché l’affitto non è molto costoso, la città è grande, ci sono opportunità di lavoro e si è fatto molti amici.

La vita a Perugia gli piace, perché vede le persone uscire, socializzare, fare festa e sentendosi solo, questo clima sereno gli ha ricordato la vita in Brasile, dato che, da quando lo ha lasciato si sente solo e gli mancava sentirsi parte di un gruppo.

Carlos si è integrato ed ha trovato quello che cercava: un gruppo di amici che lo ha fatto sentire a casa.

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Ora sono diventata un po’ più italiana

Vorremmo riproporvi attraverso la storia di Çagri, che si è trasferita a Perugia da Ankara (Turchia), quelli che per lei sono stati i fattori positivi e negativi del vivere in Umbria….

Vorremmo riproporvi attraverso la storia di Çagri, che si è trasferita a Perugia da Ankara (Turchia), quelli che per lei sono stati i fattori positivi e negativi del vivere in Umbria.

Çagri ha 29 anni.
A 23 anni circa si trasferisce in Italia dalla Turchia.
Vive a Corciano, un comune situato nella provincia di Perugia.
 
Ha studiato letteratura inglese, ciò le permette di insegnare inglese in una scuola dove si innamorerà di Francesco, un uomo italiano, nonché suo futuro marito.
All’inizio vive a San Giustino, un paesino al confine tra Umbria e Toscana, non conosce la lingua e non ha amici: questo le crea dei disagi, tipico di chi si trasferisce in un altro paese e deve affrontare le difficoltà quotidiane, partendo dalla lingua.
Le cose migliorano quando si trasferisce a Ponte San Giovanni, una frazione del comune di Perugia, trova un lavoro in una scuola e inizia a socializzare di più.

Çagri ci racconta che ci ha messo del tempo ad abituarsi alla tranquillità che c’è in Umbria, in quanto, era abituata al caos della grande città turca dalla quale proviene.
La vita caotica che c’è ad Ankara era stressante per lei.
Ora, invece, vive una vita rilassante: si è innamorata della natura umbra e di conseguenza può sedersi in un parco, far passeggiate e trekking addentrandosi in essa.

Al contrario, l’unica cosa negativa che ha riscontrato da quando si è trasferita in Italia, riguarda la burocrazia a suo avviso complicata e lunga: una volta sposata Çagri ha bisogno di un documento per chiedere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, nessuno degli impiegati della questura, né municipio hanno saputo aiutarla.
Non essendo cittadina europea il documento in questione era necessario anche per richiedere la tessera sanitaria e il codice fiscale.
Ha fatto domanda per la cittadinanza ed è stata rifiutata perché la postille o apostille (un timbro che ha la funzione di legalizzare i documenti pubblici destinati ai paesi aderenti alla Convenzione dell’Aia del 1961) era posizionata male.
Ora sta ripresentando le pratiche.
 
“Ora sono diventata un po’ più italiana” dice Çagri; mentre prima si demoralizzava e si agitava facilmente, ora si è abituata e prende le cose come vengono


			
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Il piano Ruanda

 Il governo di Boris Johnson, primo ministro britannico, ha proposto un piano per spedire in Ruanda i migranti che sbarcano attraverso il Canale della Manica e sono in attesa di…

 Il governo di Boris Johnson, primo ministro britannico, ha proposto un piano per spedire in Ruanda i migranti che sbarcano attraverso il Canale della Manica e sono in attesa di riposta alla richiesta di asilo da parte della Gran Bretagna.

L’Inghilterra e la Ruanda, uno Stato dell’Africa Orientale, hanno stipulato un accordo che prevede il trasferimento in Ruanda degli immigrati che sbarcano in Inghilterra; quest’ultima, secondo l’accordo, pagherà il Ruanda per accogliere e farsi carico dei migranti mentre le autorità britanniche decideranno se accettare o meno la loro richiesta di asilo.
L’accordo prevede un biglietto di andata ma senza ritorno: se le autorità britanniche accettassero la richiesta di asilo, i migranti rimarranno in Ruanda. Nel caso contrario, lo stato del Ruanda valuterà se far rimanere i migranti o se farli traferire in un altro paese.

La proposta – oltre ad essere stata contestata dagli attivisti e dalle varie organizzazioni umanitarie che tutelano i diritti delle persone – è stata obiettata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Anche il Principe Carlo ha espresso il suo dissenso, definendo questa proposta “spaventosa” e i vertici religiosi della Chiesa anglicana hanno definito questo piano immorale, che getta vergogna sulla Gran Bretagna.

Lo scopo del piano, afferma Boris Johnson durante una conferenza stampa, è quello di creare “rotte legali e sicure” per combattere il traffico illegale di migranti e scoraggiare l’immigrazione illegale e rimpatriare gli irregolari.
Se il testo verrà approvato, verranno istituiti nuovi reati con pene più severe: fino a quattro anni di carcere contro gli attuali sei mesi per chi entrerà nel paese senza averne i requisiti.
 La Border Force, cioè la polizia di frontiera, avrà nuovi poteri, come intercettare e confiscare imbarcazioni sospettate di trasportare migranti, oppure respingerle fuori dalle acque territoriali britanniche.

La ministra degli esteri Liz Truss, in risposta alle contestazioni, ha definito il Piano Ruanda “conveniente” e “completamente legittimo e giuridicamente legale”, aggiungendo che il piano ha un “ottimo rapporto qualità-prezzo”.
Ma cosa c’è di legale e moralmente legittimo nell’organizzare dei voli di espulsione per dei migranti che richiedono asilo?
A renderlo illegale, infatti, è l’articolo 31 della Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati che afferma: “Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell’articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari”.

Il 15 giugno la Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo ha bloccato un volo, con a bordo sette migranti, che stava per decollare nei presso di Salisbury.
La Corte ha tenuto conto delle preoccupazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), secondo cui i richiedenti asilo trasferiti dal Regno Unito al Ruanda non avranno accesso a procedure eque ed efficienti per la determinazione dello status di rifugiato.
Il governo di Johnson però non si arrende, sottolineando che il piano Ruanda andrà avanti.
Londra, perciò, rischia una lunga battaglia legale con Strasburgo.

«La vergogna è nostra, perché la nostra eredità cristiana dovrebbe ispirarci a trattare i richiedenti asilo con compassione, equità e giustizia, come abbiamo fatto per secoli»

(Leader anglicani)

			
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